Oltre che dal proliferare di studi in attività continua, la felice condizione dell’animazione italiana nella “Golden Age” emerse anche dalla qualità e quantità di film realizzati senza scopi pubblicitari. Tali opere, per lo più cortometraggi, sono state spesso prodotte con il tacito desiderio di mettere alla prova le capacità affinate con “Carosello”. Vi era tuttavia spazio anche per film d’artista, alla ricerca di connessioni originali tra pittura e animazione. Sono i casi di Cioni Carpi (1923-2011), Manfredo Manfredi (1934), Alberto Mastroianni (1903-1974) e Magdalo Mussio (1925-2006). Senza un vero pubblico, a parte i partecipanti ai festival di animazione che in quegli anni avevano iniziato ad apparire in Europa (come Cannes, da cui nel 1960 avrebbe preso le mosse il futuro festival di Annecy, e Zagabria, dal 1972), quei cortometraggi davano finalmente libero sfogo ai desideri artistici di una generazione intera. In realtà, l’interesse per il successo al botteghino era secondario; una legge del 1965, infatti, istituì un incentivo statale denominato “Premio di qualità” che sosteneva la produzione dei cortometraggi più meritevoli, destinati a essere proiettati nelle sale cinematografiche, abbinati a un lungometraggio. Le animazioni, tuttavia, vincevano di rado; protagonisti erano invece i documentari artistici realizzati solo con la prospettiva di finanziamento, che talvolta finivano per non essere nemmeno proiettati, perché gli esercenti temevano che avrebbero irritato il pubblico. Questa situazione liberò i registi e gli animatori dalla competizione con Disney, spianando la strada a una pluralità di stili visivi. Ad esempio, lo scenografo teatrale e operistico Emanuele Luzzati (1921-2007) e il direttore della fotografia Giulio Gianini (1927-2009) avviarono nel 1960 (I paladini di Francia) una serie di cortometraggi in cui la stop-motion animava ritagli di materiali poveri, tra cui stoffa, carta, schegge di legno, plastica o vetro, e persino centrini per torte. Il risultato finale creò un ponte tra lo storico teatro di figura italiano con gli stili più raffinati dell’illustrazione per bambini. Molte delle storie di Gianini e Luzzati, inoltre, non usavano dialoghi, ma i personaggi recitavano in stretta sincronia con musiche tratte dal repertorio operistico. Due dei loro film basati su sinfonie d’opera di Gioachino Rossini hanno ricevuto candidature all’Oscar: La gazza ladra (1964) e Pulcinella (1973, tratto da Il turco in Italia di Rossini). Altri artisti che hanno contribuito all’esuberante varietà di approcci all’animazione degli anni Sessanta e Settanta sono stati Giorgio “Max” Massimino-Garniér (1924-1985), Guido Gomas (Luigi Guido Gonzo; 1936-2005), Lorenzo Taiuti (1943) e Pino Zac (Giuseppe Zaccaria; 1930-1985).
Questo rinnovamento espressivo è stato incoraggiato anche da nuove iniziative italiane che riconobbero il valore artistico dell’animazione, come gli incontri internazionali che si svolsero nel 1969 e nel 1970 a Busto Arsizio, Mantova e Abano Terme, che portarono alla creazione dell’Istituto per lo Studio e la Diffusione del Cinema di Animazione (ISCA) nella primavera del 1970. Nello stesso anno, fino al 1971, il secondo canale RAI inaugurò “Mille e una sera”, un programma che ogni sabato trasmetteva rinomati film d’animazione del passato, tra cui Vynález skázy (La diabolica invenzione, Karel Zeman, 1958), Le Théâtre de monsieur et madame Kabal (Walerian Borowczyk, 1967) e i due pionieristici lungometraggi italiani del 1949, La rosa di Bagdad (Anton Gino Domeneghini) e I fratelli Dinamite (Nino Pagot). Dal 1970 al 1973 un altro programma, “Gli eroi di cartone”, mandava in onda antologie tematiche bisettimanali di corti animati, durante la fascia pomeridiana del primo canale RAI; ha ospitato anche film di Winsor McCay, Władysław Starewicz e Norman McLaren.